Scuola vendesi

Scuola vendesi

Alessandra Avanzini

Guardo gli annunci delle scuole e mi sembra come di svegliarmi da un lungo sonno, ma cosa sta succedendo, cosa abbiamo in mente? Come mai dobbiamo presentare le scuole come se fossero un manifesto pubblicitario per attirare, come mosche sul miele, ragazzini che non sanno cosa fare della loro vita? Perché dobbiamo usarli per saturare un mercato ingordo, che sta solo diventando sempre più vorace come un mostro che cresce e che ingurgita tutto quello che trova?
Perché una scuola deve far vedere che realizza progetti, che offre manodopera per aziende in progetti detti di alternanza… Ma alternanza a cosa? Perché la scuola deve essere alternata al lavoro? Come se fosse uno scomodo inghippo, una parentesi, un fastidioso momento di distrazione da ciò che è davvero importante: guadagnare.
E perché un ragazzino che muove per le prime volte da solo i propri passi del mondo, invece di essere da noi protetto, viene da noi ingannato con il miraggio di falsi valori, soldi, appagamento sociale, lavoro, indipendenza, autonomia, e non so cosa altro?
Invece di regalargli il tempo prezioso per crescere, glielo rubiamo subito per metterlo nelle mani di chi ne farà un uso distorto e non gli permetterà di crescere, ma se lo prenderà così per buttarlo fuori quando non servirà più. E gli insegniamo che per ogni sorriso  c’è un premio e che la gentilezza è una ingenuità da sciocchi.
A volte i ragazzi fiutano l’inganno ma non sanno visualizzarlo se non con un disagio fastidioso e, diventando prepotenti e ingestibili, maleducati e furbi, scaricano su altri responsabilità che non vogliono, e imparano ad arrangiarsi nel mondo. Proprio come gli chiediamo noi, come gli chiede la scuola.
Ma perché io devo passare il mio tempo a pensare progetti che mi mangiano tempo e non servono a nulla se non a buttare fumo negli occhi?
Voglio usare una parola proibita nella scuola ormai, voglio fare l’eversiva la ribelle e pronunciare una parola che genitori e studenti non vogliono più sentire. Studio.
Voglio vederli studiare e voglio chiedere di studiare. Voglio vederli soffrire sui libri, discutere per il significato di una frase. Voglio scoprire con loro che è bello leggere autori del passato e perdere tempo a chiederci cosa mai avranno voluto dire e se ha un senso per noi. Voglio seguire il programma e cancellare l’educazione civica, che non serve a niente ed è un altro inganno. Perché non c’è cittadino migliore di chi dà valore allo studio e all’uomo, e capisce di essere cittadino del mondo, e ha il coraggio di viaggiare dentro di sé.
Voglio condividere con loro conoscenze che da secoli ci passiamo di mano in mano per sentirci più uomini e più sicuri, o forse meno fragili, per creare una barriera di resistenza contro l’assurdo, contro la paura, contro tutto il panico che la vita ci butta addosso ogni giorno.
Voglio che la scuola sia il luogo della nostra rinascita interiore come esseri umani e che abbia un solo scopo, aiutarci a stare bene. A passare un po’ di tempo felici. A strappare le pagine da un calendario che la deve smettere di opprimerci.
E non voglio essere schiava di mille progetti e pratiche burocratiche.
Voglio insegnare la felicità della conoscenza e divertirmi anche io a riscoprirla con loro ogni giorno.
E sentire insieme che possiamo essere liberi perché non deve essere il mondo che sceglie per noi. Siamo noi a scegliere, ogni giorno di nuovo.