Sulla scuola 2. La scuola, quarto – e decisivo – pilastro di uno Stato di diritto

di Giovanni Genovesi:

In questo marasma sociale in cui sembra che una invincibile e invisibile longa manus infernalis abbia la meglio nell’affondare non solo ogni forma di socializzazione dell’ homo sapiens sapiens, ma lo stesso concetto di Stato di diritto che è a fondamento di una convivenza pacifica, libera e autonoma, credo sia il caso di rimarcare con tutta lo forza possibile le scelte prioritarie di cui un governo debba farsi carico per risalire una discesa involontaria.

Una trista situazione che sta diventando di ora in ora più devastante, specie per una società il cui rischio peggiore è, more solito, di navigare a vista. 

In effetti, una nave naviga se è gestita da un ottimo comandante, da un buon timoniere e da un buon equipaggio che serra le fila e i denti dimostrando compattezza e fiducia nel comandante. 

Occorre, dunque, che chi è al comando di questa nave superi qualsiasi tipo di paura, sempre presente nei momenti cruciali sia della propria esistenza sia quando essa è strettamente intramata con le esistenze di un’intera società. 

Siamo di fronte a casi estremi in cui le decisioni di coloro che hanno scelto o che, comunque, hanno favorito le situazioni perché quella scelta fosse possibile – e mi riferisco espressamente al caso del governo giallo-rosso – siano ferme e razionali, non avventate come spesso accade in pseudo sedicenti uomini di Stato – e penso a politici come è stato Trump negli USA e Bolsonaro in Brasile, Orbán in Ungheria o Duda in Polonia – che hanno preso decisioni impulsive e sempre contro la Stato di diritto. 

D’altronde, le decisioni prese durante il periodo marasmatico, che senza dubbio le ha favorite, dovranno essere razionalmente vagliate come provvedimenti che non solo saranno utili in un contesto da ultima spiaggia ma diverranno basilari nei periodi di assoluta calma e tranquillità sociale e sanitaria. 

Le scelte debbono essere strategiche e non solo tattiche; certamente bisogna rispondere colpo su colpo al nemico aumentando i mezzi di difesa (mascherine, tamponi, test sierologici, ventilatori, posti di terapia intensiva e aumento di medici e di personale paramedico, organizzazione per l’inoculazione  dei vaccini anticovid, oltre che forme di ristoro per chi ha dovuto chiudere l’attività, per chi ha perso il lavoro, e via così). 

Ma, nel nostro caso di una pandemia più subdola di una guerra tradizionale, al tempo stesso è necessario non tanto rimediare ai guasti sociali procurati via via dal morbo che pare ci voglia fagocitare tutti, ma mettere a punto strategie che vanno ben al di là delle semplice difesa e ci permettano di farci trovare preparati, a differenza del solito clima emergenziale. 

L’uomo politico che ha, in quanto tale, una visione prospettica della realtà è colui che nei momenti cruciali, quelli in cui deve scegliere una strada o l’altra che il crocevia gli presenta senza nessuna possibilità di accedere a una via intermedia, non ha altra chance che scegliere, razionalmente, la via che gli permetta di proseguire oltre, cioè deve evitare vie chiuse. 

Insomma, il politico che si trova a gestire la cosa pubblica in qualsiasi frangente deve essere in grado di cogliere il kairos che quel frangente gli offre di andare oltre, pensando, con l’aiuto dei suoi collaboratori, di rifondare ab imis le regole stesse di una nuova società. 

Io spero che chi guida o guiderà il nostro governo sia capace di approfittare dell’opportunità che la pandemia, indubbiamente, nel suo essere socialmente sconvolgente non può non aver provocato un desiderio di fare della razionalità un mezzo per formare il popolo italiano. 

È questo un progetto ambizioso, avrebbe detto De Gaulle. Sono del tutto d’accordo, ma credo che valga la pena metterlo in moto, anche se in molti cercheranno di mettere i bastoni tra le ruote e sabbia nei macchinari. 

Certo, per avviare un’avventura rischiosa come questa che indicherò, il Presidente del Consiglio dei ministri non può far conto su un ministro dell’Istruzione come Lucia Azzolina che sembra stata messa in quell’incarico da una mente diabolica per distruggere la scuola come ho già ho avuto modo di dire.

Ma bisogna sempre sperare che chi erra possa quanto prima ravvedersi e chi ha il peso e la responsabilità di fare da guida in una avventura socialmente rivoluzionaria, sia pure pacifica, di tutto l’agglomerato sociale nei suoi vari comparti e servizi operativi, sia sempre compos sui. 

Su quest’ultimo aspetto dovrà, necessariamente, seguire il cambiamento che avverrà nelle istituzioni fondamentali, il cui funzionamento regolare assicura, a dispetto di ogni catastrofe più o meno emergenziale, anche una febbrile ma serena operatività delle varie parti sociali grazie al profuso impegno razionale di ognuna di queste parti cariche anche della fiducia nel lavoro che fa il governo. Senza questo reciproco appoggio nulla può riuscire. Il progetto diviene sempre più ambizioso!!! Ma veniamo al punto. 

Secondo Montesquieu i poteri portanti di uno Stato di diritto sono tre: legislativo, ossia il Parlamento, esecutivo, cioè il Governo che decide delle cose dipendenti dal diritto delle genti secondo le leggi emanate dal Parlamento e tribunalizio, o la magistratura che decide delle cose dipendenti dal diritto civile. 

Io credo fermamente che alle tre funzioni se ne debba aggiungere una quarta, quella dell’istruzione formativa,  ossia la scuola che è, necessariamente, la prima e decisiva funzione per dar vita alle altre funzioni. È un punto questo che esime da ogni esemplificazione. 

Ciò che richiede una pur semplice ma sconvolgente indicazione sul dover essere di questa portante e primaria funzione è che non può altro che essere unica per tutti i suoi frequentanti. 

Si tratta di una scuola unica, della durata di diciannove anni, compresi i sei anni dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia, i cinque anni della scuola elementare, i tre della media e i cinque della superiore, o liceo. Tale scuola avrà curricula che inseriscono gli aspetti teoretici di discipline laburistiche preparatorie a una professione che l’allievo affronterà finita la scuola superiore che non dovrà  mai essere luogo per l’insegnamento di un mestiere, come argomenterò più avanti. 

Non intendo lanciarmi su possibili programmi da lasciare, per la massima parte, all’iniziativa degli insegnanti, una volta indicati con precisione i fini della scuola, i classici dell’antichità greca e romana, di filosofia italiani e stranieri e quelli della letteratura sempre italiana e straniera, tra cui scegliere quelli o parte di quelli ritenuti dall’insegnante mezzi per l’allievo i più adatti per perseguire il fine della scuola che è di fargli perseguire l’infinito cammino della padronanza di sé da mettere a frutto nella ricerca cui l’ha formato la scuola. 

Uomini così formati potranno intraprendere proficuamente qualsiasi professione e essere sempre di valido aiuto per una comunità a superare le situazioni più difficili come il marasma della pandemia, coltivando sempre valori inalienabili come la salute, il lavoro e l’educazione. 

Essi saranno sempre dei collaboratori indispensabili per far fronte alle necessità di una vita operosa e felice per sé e per l’altro da sé, proprio perché include gli altri.