Aria nuova per la scuola americana di Luciana Bellatalla

4 febbraio 2021 – L’amministrazione Trump non ha mai posto tra le sue priorità l’educazione e la scuola. Segretaria di Stato all’istruzione è stata per quattro anni Betsy DeVos, miliardaria come il presidente e, per di più, avversaria della teoria evoluzionistica e della scienza in generale, il cui unico vero merito era ed è la fedeltà indiscussa al Commander in Chief ormai scaduto ed al suo verbo. Nel presentare la sua ricandidatura il tycoon ha riproposto i due soli punti per lui importanti in campo scolastico: garantire a ciascuno la possibilità di scegliersi la scuola (ovviamente privata) (Provide School Choice to Every Child in America), e Teach American Exceptionalism. Che la scuola pubblica statunitense, e non da ora, non goda di buona salute è notorio e la cronaca, per lo più nera, l’ha spesso protagonista. Quanto poi al suo contributo all’emancipazione delle classi popolari, spesso costituite da immigrati, marginali o neri e sempre economicamente svantaggiate tanto da non potersi permettere le costose scuole private che Trump difende, esso è pressoché nullo. Il quadro che ne viene offerto è spesso un mix di noir e di thriller: l’alfabetizzazione strumentale che se ne ricava è scarsa; l’utilità del curriculum e della formazione anche in vista di un lavoro futuro è altrettanto povera. Come si legge sul sito  di Joe Biden https://joebiden.com/presidency-for-all-americans/ (consultato in data 28 dicembre 2020) e come è stato riportato sul sito statunitense https://edsource.org diretto da Louis Freedberg, Biden pare voler invertire la rotta rispetto al suo predecessore anche su questo fronte. I sette punti nodali del programma “scolastico” del neopresidente hanno fatto dire agli insegnanti degli States di giudicare la coppia Biden-Harris un “dream team” per la scuola americana. Questi punti prevedono: 1. un notevole incremento dei fondi federali per le scuole, con addirittura la triplicazione dei fondi per le scuole che accolgono un cospicuo numero di studenti economicamente svantaggiati; 2. aumento dei finanziamenti per il tutoraggio degli insegnanti, la leadership e lo sviluppo professionale, con particolare attenzione alla formazione in aree ad alta richiesta, come l’istruzione speciale o l’istruzione bilingue; 3. raddoppio del numero di psicologi, consulenti, infermieri e assistenti sociali, che lavorano nella o per la scuola; 4. “finanziamenti completi” per l’istruzione dei disabili, e non più copertura del 14% delle spese, che finora il governo federale ha elargito; 5. garanzia che tutti i bambini di 3 e 4 anni possano accedere a una scuola di alta qualità, all’interno di un programma che impegna ben 775 miliardi di dollari per sostenere i caregivers a tutti i livelli; 6. “crediti d’imposta di 8000 dollari per bambino alle famiglie a basso e medio reddito per pagare l’assistenza dei bambini”; 7. creazione di un nuovo credito d’imposta per l’edilizia per incoraggiare le imprese a costruire strutture per l’infanzia nei luoghi di lavoro. Inoltre, per quanto attiene l’istruzione superiore ed universitaria, il programma di Biden prevede che la frequenza dei college e delle università pubbliche storicamente frequentate dai neri sia gratuita per le famiglie che guadagnano meno di 125.000 dollari all’anno. Infine, l’accesso ai Community college – una realtà che il neopresidente conosce bene, visto che la first lady vi ha a lungo insegnato – dovrà essere garantito a tutti, mentre è prevista la cancellazione dei debiti studenteschi fino a 10.000 dollari. Un programma niente male per un politico, accreditato da tutti gli osservatori come un moderato e non certo come un radicale. Tanto più interessante appare questo programma a noi italiani, che da decenni ormai ci muoviamo in una scuola aziendalizzata e privatizzata negli orientamenti. Non sarebbe inopportuno che chi si candida a gestire la Minerva nei prossimi anni – e ne vedo parecchi in agguato – studiasse il programma di Biden, in cui spiccano con particolare rilievo l’attenzione per la formazione dei docenti, l’interesse per i ceti meno agiati al fine di rendere la scuola davvero universale e, infine, l’intenzione di allargare i cordoni della borsa. Le agenzie di rating come Moody’s e Goldmann Sachs vedono in questo programma la via per un incremento sostanzioso del PIL. Personalmente, vi rinvengo la possibilità per una crescita di tutti, non uno escluso, che mi pare un successo maggiore di qualsiasi punto percentuale di PIL. 

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